L’epidemia spagnola nei racconti dei nostri nonni

L’epidemia spagnola nei racconti dei nostri nonni


Quand’ero piccola, nelle notti d’estate, sedute a prendere il fresco nella nostra via, le vecchie ci raccontavano tante storie.
Fra queste, quelle terribili legate all’influenza spagnola che fra il 1918 e il 1920 uccise milioni e milioni di persone nel mondo. In Sardegna causò la morte di circa 12000 persone; quasi quante ne aveva fatto la Guerra. Vennero colpite principalmente le giovani donne, uomini fra i venti e i quarant’anni e persone che avevano avuto a che fare con altre malattie come tubercolosi, tifo e malaria.
Raccontavano che passava un carro a prendere i morti nelle case e quando uno era morto e l’altro stava per morire, per non stare a passare due volte, li buttavano tutti e due nel carro “ ddis troganta u lenzoreddu e aicci ddus interranta ca no tenianta su dinai po comprai u baulleddu”.
La morte col suo carro “su carru de sa Motti” era la mia ossessione!
E ci dicevano che passava ancora nelle strade e se trovava qualche ragazzino in giro fuori orario lo afferrava e se lo prendeva. E non c’era da stare tranquilli manco in casa.
Come entrava nelle diceva: Seu in su primu gradinu…
– Oiamomia tiarrori – dicevamo noi
E cercavamo di fermare quella voce che raccontava e inesorabilmente continuava:
– Seu in su segundu gradiu!
– Oi no dda fatzeisi intrai! – E osatrusu basci a si croccai, ca esti accanta de passai…Seu in su terzu gradiu…
Bisognava fare coraggio, avevamo paura di andare a casa, ma stare lì era peggio…Seu in su quartu gradiu…
Allora ci prendevamo per mano e prendevamo la rincorsa urlando.
E poi entravamo nelle nostre rispettive case e ci infilavamo in mezzo alle lenzuola con il cuscino pressato nella testa.
E ci sembrava di sentire la Morte salendo le scale.
E io ricordo che sopraffatta dalla disperazione mi alzavo e andavo nella camera di mamma e babbo che rassegnati dicevano:
– Notesta puru!
Però mi facevano spazio in mezzo a loro e solo così io trovavo pace.