Zia Angelina Cardia

Zia Angelina Cardia


Un giorno presto presto zia Angelina Cardia era andata a casa di zia Minia; insieme avevano dato una riassettata alla camera da letto, messo le lenzuola ricamate, il copriletto a uncinetto bianco, acceso due candele. Zia Minia si era distesa nel letto e zia Angelina le aveva messo un velo in faccia, un rosario tra le mani in croce e piangendo era andata da zia Letizia, la cognata di zia Minia, che viveva nella casetta attigua, nello stesso vicolo, dicendole: “Letizia, fa’ coraggio, Minia è morta”
Per poco zia Letizia moriva dallo spavento, perché era molto paurosa, ma poi era sopraggiunta zia Domenica Sotgiu, l’altra cognata di zia Minia, che viveva tra il vicolo e la nostra via e vedendo zia Letizia così agitata, aveva cercato di prendere in mano lei la situazione.
Zia Domenica era una donna energica, che non si era mai fatta prendere per il naso dalla cognata e, quando era il caso, le dava anche le belle lavate di capo. Ma questa volta, di fronte alla disperazione di zia Letizia, era cascata anche lei nella trappola. “Senti, Letizia, le aveva detto, ma ti vuoi calmare? Ma non lo sai tu che siamo nati per morire. O cosa credi, che tu rimani “ a setzi setti cuaddus” ( a cavalcare sette cavalli). Ma non lo sai che sotto terra, prima o poi ci vai anche tu? Ravvediti dunque e cerca di fare il tuo dovere di cognata, che sei peggio di una bambina di due anni” Zia Letizia aveva incassato bene la sfuriata, si era asciugata gli occhi, era andata a prendere il rosario e insieme alle altre due si era diretta verso la casa di zia Minia.
Attraversato il cortiletto, avevano aperto la porta ed erano entrate nella prima stanza: “sa coxina manna”.
Appese alla parete in alto c’erano le corbule grandi, in seconda fila i canestri, le corbule medie e le corbulette, tutte allegramente rifinite con fiocchetti di tela colorata. Nella parete sinistra c’erano “is sadazzus”,”is sciadezzadoris” con i tovaglioli e i mestoli di legno. Nell’altra parete, appese dalla più grande alla più piccola, pentole e casseruole in ferro smaltato arancione. Tutto in perfetto ordine. Zia Domenica aveva dato uno sguardo all’insieme. Tutto si poteva dire per la cognata, ma non che non tenesse bene le sue cose. La porta della camera da letto era socchiusa; erano entrate in silenzio. La stanza era semibuia. Lo specchio appeso sopra il comò era stato coperto da un panno bianco. Ogni segno di vita era stato cancellato. Si respirava odore di menta, di basilico, di cera. Sembrava così irreale quell’atmosfera; irreale soprattutto che zia Minia fosse ferma così…morta.
Zia Letizia scoppiò di nuovo in lacrime dicendo:
“ Che bella che è Minia morta, è più bella morta che viva!”
“Per forza” aveva rincalzato zia Domenica “ era troppa l’agitazione di questa cristiana: andando e venendo in campagna e in paese, lavorando e lavando e stirando. E che cosa ne ha guadagnato? Io dico che è morta di strapazzo!”
E come le stava sollevando il velo dalla faccia per baciarla, zia Minia si era levata di soprassalto facendo:”Uh!”
Zia Angelina Cardia si era piegata in quattro dalle risa. Le altre due, attorcigliandosi l’un l’altra nella stanza erano riuscite, dopo vari tentativi, a trovar la porta e appena uscite fuori si erano lanciate in direzioni opposte, urlando come pazze in tutto il vicinato.