Sant’Isidoro

Sant’Isidoro


Un percorso dalla Spagna a Villamar tra fede, arte, storia e tradizioni popolari.

A cura di Albertina Piras

La figura del santo nella storia e nel tempo.

Il libretto è un’immersione nella vita del santo, un viaggio nel tempo e nello spazio per ricostruirne la memoria, e concentra e focalizza l’attenzione sul nostro paese, dove ha ricevuto grandi manifestazioni di fede e ancora ne ricalca le orme nel bisogno di mantenere vive le nostre tradizioni.
Si rimane colpiti dal fatto che un povero contadino analfabeta sia diventato patrono di Madrid e che nella lontana Argentina sia stata dedicata a lui una cattedrale diventata poi monumento nazionale.
Ma la fede porta a questo, perché la potenza di Dio innalza gli umili, come leggiamo nel Magnificat.
Il legame con la terra poi è sempre attuale, perché da qualunque parte vogliamo andare, sempre con la terra dobbiamo fare i conti e alla fine, nonostante il progresso, rimaniamo impotenti davanti alle calamità naturali, di fronte ai disastri ecologici che noi stessi abbiamo causato entrando nell’ottica di un’economia globale che ci riduce a diventare servi di un sistema che spesso scorda l’antica vocazione, l’antico primato, l’amore per la natura e il giusto equilibrio con essa.
Sant’Isidoro ci insegna anche a mettere Dio al primo posto, a pensare al regno di Dio, perché tutto il resto ci verrà dato in aggiunta. E in aggiunta lui ha ricevuto soccorso dagli angeli che lo hanno sostituito nel lavoro dei campi. Di questo ancora se ne tramanda il ricordo come testimonianza di fede nella Parola del Signore. E insieme a questo, anche altri aneddoti che in semplici fatti illustrano chiaramente da una generazione all’altra verità che Dio ci manda attraverso la vita dei puri di cuore.
Buona lettura

Il ripristino della festa a villamar

La festa di Sant’Isidoro a Villamar, un tempo molto sentita, era entrata in disuso.
L’idea di ripristinarla era nata in occasione della benedizione del grano nella chiesa di Santa Maria, il 25 aprile del2013, dove tanti agricoltori si erano ritrovati per chiedere al Signore la grazia di proteggere il frutto del loro lavoro così duramente provato dalle intemperie, dalla siccità, dagli incendi e dalla crisi del settore agricolo.
E così, dopo la cerimonia religiosa, ci si era ritrovati a parlare di tutti questi problemi insieme al parroco, ricordando la festa in onore del loro santo protettore che si faceva a Villamar un tempo, e che era rinomata in tutto il circondario.
Tutti si erano trovati d’accordo nel dire che era stato un vero peccato perderla, e proposero di riprendere i festeggiamenti quell’anno stesso.
La richiesta fu accolta con entusiasmo anche dal parroco.
Da quella data gli agricoltori non perdono l’appuntamento con il loro santo patrono il 15 maggio e sono passati già nove anni. Lo scorso anno avevano espresso il desiderio al parroco di riportare in parrocchia la statua che era stata spostata in altra sede. La richiesta era stata subito accolta con piacere dal parroco don Ennio, molto legato alla terra sia per tradizione familiare che per passione sua personale.
Mancava anche un tavolino per riporre la statua, e bisognava farne uno su misura, ben solido, perché la statua è pesante.
Non ci sono molti falegnami in zona, ma due parrocchiane – Cristina Casula e Rosanna Mura – si erano attivate per chiedere dei preventivi; alla fine Piero Mura, sempre in prima fila nei festeggiamenti di Sant’Isidoro, si era fatto carico di assumersi lui la responsabilità di garantire un tavolino.
Le cose stavano andando per le lunghe, ma ne era valsa la pena aspettare, perché il tavolino per Sant’Isidoro è stato adattato non solo alle misure e alla pesantezza della statua, ma anche all’iconografia del santo agricoltore: perché il falegname artista Salvatore Caboni l’ha intarsiato con grappoli d’uva e mazzi di spighe.

Particolare del tavolino intarsiato da Salvatore Caboni
Opera dello stesso artista – Salvatore Caboni – che ha rappresentato Sant’Isidoro su un carro trasportato da un giogo di buoi, guidato da Walter Podda


Questa bella sorpresa ha dato l’idea di onorare il santo non soltanto con la preghiera, ma anche con la creatività, con quello che ognuno può offrire, ricreando così quell’antico legame tra fede, arte e tradizione.
Da questa esigenza è nato pure un canto per Sant’Isidoro, tutto villamarese. Ed è nato anche il desiderio di restituire alla memoria collettiva tutti i ricordi che ognuno di noi custodisce, raccogliendoli in un semplice libretto da affidare alla stampa.

Processioni in onore di sant’Isidoro nel tempo

A Villamar i gioghi dei buoi, cavalli e altre bestie, tutti ben agghindati, venivano disposti nello spiazzo di Antoccia. Erano tantissimi, a volte anche cento capi. Dalla muraglia della piazza di San Giovanni Battista, il sacerdote si affacciava e impartiva la benedizione.
Non c’erano carri; il santo veniva trasportato in una portantina, in spalla, da quattro confratelli. Venivano coinvolte tutte le confraternite, a turno.
Nei ricordi, zio Piero Pusceddu che accompagnava Ottavio, il fratello piccolo, e Tore Cabras, il cognato: entrambi i ragazzi sfilavano ognuno col proprio puledrino.
Come abbiamo visto, il cavallo è rappresentato nell’iconografia della statua di Nuraminis.

Statua di sant’Isidoro a Nuraminis

Quando la processione era pronta per partire dalla chiesa di San Giovanni Battista, volgendo in via Sicilia, tutte queste bestie venivano fatte incamminare verso la via Cagliari in modo da precederla nell’incrocio tra le due strade.
La processione era lunghissima, arrivava fino al Sacro Cuore e da lì andava verso la Madonnina per giungere poi in piazza Mercato, da cui risaliva facendo rientro in parrocchia. Con tutte queste bestie, la processione procedeva lentamente, durava due ore e mezzo buone.
A mano a mano che si rientrava, le bestie venivano ritirate a seconda del luogo dove erano tenute, mentre il santo, sacerdote e i fedeli tornavano in parrocchia.
Nei ricordi degli anziani “su strumbulu“ de su Santu, presente anche nell’iconografia. Si tratta di un’asta lunga che in cima ha una punta per stimolare i buoi, e nell’estremità opposta una paletta in ferro che serviva a pulire l’aratro dalla terra che rimaneva attaccata. Il santo la tiene alla sua destra.
Raccontavano gli anziani che proprio con questo attrezzo avesse fatto sgorgare l’acqua da una roccia, così come è rappresentata in numerosi dipinti.

Il miracolo di Sant’Isidoro Agricola. Di Mattia Stomer, interprete spettacolare della pittura di Caravaggio, custodita nella Chiesa Madre di Caccamo, in provincia di Palermo, uno dei centri artisticamente più importanti della Sicilia. Lo stomer non firmava mai i suoi dipinti. Soltanto due tele lo lasciarono tanto soddisfatto da convincerlo ad apporvi la sua firma e la data dell’esecuzione: una si trova nel museo di Anversa (Belgio), l’altra è proprio quella di S. Isidoro. Prova questa del valore che il pittore stesso attribuì alla sua opera, riconoscendo in essa l’espressione più piena e più completa del suo tormento artistico.
Scrive Vittorio Sgarbi “È un’opera impegnativa, totalmente autografa, nella quale si manifesta una perfezionata conoscenza di Caravaggio, arricchita da una rinnovata ricerca luministica. La pala di Sant’Isidoro è uno dei capolavori della pittura del Seicento, nato da una formidabile istanza estetica indifferente alle lattudini geografiche. Essa esprime un valore universale”.
Quadro che si trova nella chiesa di Sant’Isidoro a Giarre (CT).Il Santo è sullo sfondo di una roccia mentre fa sgorgare con un bastone uno zampillo d’acqua e con il braccio sinistro indica il cielo.

L’iconografia del Santo lo vuole vestito da contadino; in molte raffigurazioni si vedono degli angeli che guidano i buoi.
La statuaria in Sardegna è quasi esclusivamente in legno e nessuno dei simulacri – tra i circa cento finora individuati – è di importazione iberica: tutti sono stati realizzati in botteghe locali. La produzione delle statue di questo santo si configura come integralmente autoctona a dispetto dell’origine geografica del culto.
Il forte legame col santo è proseguito senza soluzione di continuità anche quando, dopo la Guerra di successione spagnola, nel 1720, il Regno di Sardegna passò ai Savoia. Il culto sopravvive giungendo fino a nostri giorni.
Ecco alcuni esempi che ripetono la stessa iconografia statuaria: S. Isidoro che prega o che tiene un mazzo di spighe, “su strumbulu” il pungolo, il giogo dei buoi e uno o due angeli che arano.

Canto dedicato a Sant’Isidoro

testo di Albertina Piras, musica del maestro Tonino Cabbua, eseguito dal coro parrocchiale di Villamar:

Sant’Isidoru prega
ca toccada a sperai
ca is angiulus a tui benìanta a t’ajudai.
E tui ajùda a nosu
in custa vida de stentu in s’ora de fatiga
in s’ora de su trumentu
Rit ) Sant’Isidoru prega po i messaius de Mara sempri t’hanti onorau e sempri festeggiau. (due volte)
Ajudasì a aziai
is ogus a su celu
in dì de festa e fatiga in dì avattu e nodida. Is messaiusu de bidda oi ti rendinti onori arrici custu signu
de paxi e de amori.
Rit ) Sant’Isidoru prega poi is messaiusu de Mara sempri t’hanti onorau
e sempri festeggiau. Sant’Isidoru prega
poi is messaiusu de Mara sempri t’hanti onorau
e sempri festeggiau.

Coro parrocchiale San Giovanni Battista Villamar

Abbiamo concluso il nostro viaggio nello spazio e nel tempo meditando sulla vita e sulle opere del santo degli agricoltori. Ma il miracolo più grande è la sorpresa di vedere intorno alla sua persona un proliferare di grandi opere: chiese, pitture, sculture, goggius, tradizioni.
A guardar bene, anche Villamar nel suo piccolo, ha reso onore al santo attraverso l’arte, la musica e il canto.
Pensare di organizzare a Villamar, intorno alla figura del santo, eventi come quelli di Madrid o come quelli di Margutta a Roma potrebbe essere uno stimolo. Un sogno nel cassetto per tutti i villamaresi. E non solo.