Il cantastorie

Il cantastorie


A volte si sentiva in strada un suon di fisarmonica: era il cantastorie, che suonava, cantava e poi vendeva i testi dei suoi canti. La gente si riversava in strada e allora il cantastorie si fermava. I fatti che narrava erano di cronaca e commuovevano incredibilmente, fino alle lacrime.
Uno dei tanti canti che mi aveva particolarmente colpito era quello di un ragazzo di appena dieci anni, figlio di povera gente che, mentre il padre e la madre eran fuori per il lavoro di ogni giorno, lui si era recato nei campi e, vedendo i grappoli d’oro di una vigna, aveva allungato le mani per assaggiare qualche acino. Il padrone di quella vigna l’aveva freddato con un colpo di fucile. “ Sa giustizia ddu tiridi oi!” Arrazza de coru chi adi pottau. E gei no fudi sa cosa, po unu troni de axina!” Dicevano le vicine e si commuovevano fino alle lacrime. “Pobura crietura! E pobura mamma, gei dd’adi agattau su pratu bellu candu esti torrada a domu!”
Il cantastorie non faceva commenti: vendeva i testi e poi suonando si rimetteva in cammino.Dopo che faceva un altro tratto di strada si formava un nuovo gruppetto di gente e allora lui si fermava di nuovo. Quando il cantastorie non si sentiva più, ci sedavamo e ci mettevamo a cantare la canzone nuova e poi provavamo anche a cantare le vecchie, ma non le ricordavamo bene e così andavamo a cercare i testi.