Zio Ernesto

Zio Ernesto


Quand’era piccolo zio Ernesto non era voluto andare a scuola. Aveva la testa dura; la maestra non era riuscita a fargli passare dentro nemmeno una lettera dell’alfabeto. E poi non collaborava niente, la voleva sempre vinta lui e aveva la bocca aperta come un forno, dicendo peste e corna di tutti. Quando la mamma si era stancata ben bene gli aveva messo addosso “sa besti de peddi”, gli aveva dato “su frascu” per l’acqua, un tozzo di pane, “su saccu nieddu”, gli aveva fatto infilare un paio di scarpe ferrate che gli arrivavano a metà gamba e l’aveva mandato in campagna a pascolare i buoi. Zio Ernesto si era preparato lui stesso “su strumbu”, una lunga pertica di olivastro che finiva con un chiodo, e teneva così a bada i buoi per distoglierli dai campi seminati. Quando era cresciuto, aveva pensato a zia Angela come compagna della sua vita. Ma non aveva fatto come certi facevano, che lo mandavano a dire con Tizio, con Caio e con Sempronio e prima di sapere le cose la persona interessata le sapeva tutto il paese e sull’onda dei pettegolezzi la gente ci ricamava intorno e decretava e decideva sulla sorte di uno che si voleva sposare con la persona che gli andava a genio.
Zio Ernesto aveva risolto da solo ogni questione e zia, che aveva sempre saputo prenderlo per il verso giusto, aveva accettato incondizionatamente la proposta che zio le aveva fatto. Nessuno si era messo in mezzo, … a dire il vero qualcuna sì. Ma loro avevano saputo liquidarla presto dai loro affari e proseguire nel cammino che avevano deciso di percorrere insieme.
Quando zio era partito militare, però, per forza di cose aveva dovuto cercare un intermediario fra lui e zia, e amaramente si era dovuto sottomettere e confidare ad altri ciò che per lui era un segreto geloso. Il suo compagno aveva saputo interpretare alla perfezione i suoi sentimenti e la lettera che aveva scritto su commissione era curata nei minimi dettagli, come zio gli aveva raccomandato. Su un punto però non erano rimasti d’accordo e cioè sulla conclusione della lettera, che il continentale ( così zio lo chiamava ) voleva chiudere in baci e abbracci e zio invece voleva chiudere con la cordialità dei saluti. Il continentale aveva fatto di testa sua.
Zia aveva ricevuto la lettera e appena era arrivata alla conclusione aveva immediatamente attaccato la macchina da cucire e aveva fatto ruotare cento volte l’ago intorno alla lettera e infine l’aveva rinviata al mittente.
Meno male che zio era venuto in licenza e aveva chiarito ogni cosa con zia…diversamente non so cosa gli sarebbe successo a quel compagno continentale, arioso, fatto di testa sua e poi… non so quante parolacce gli aveva detto.